Le fiere del cibo in Europa: il valore socio-economico dell’incontro vivo tra culture.

La strepitosa ripresa delle fiere internazionali del food è il chiaro segnale che le relazioni commerciali online, ovviamente rinforzate durante la lunghissima fase pandemica, non bastano.

I costi sono lievitati ad ogni livello, la logistica è sempre più complessa, eppure i numeri parlano chiaro: le fiere del food internazionali prosperano, sia in termini di adesione da parte degli espositori, sia in termini di partecipazione degli stakholders provenienti da ogni parte del mondo, reattivi a qualsiasi proposta, anche a quelle meno importanti in termini di grandezza.

Fiera, una storia antica di mercanti e incontri.

Fiera etimologicamente proviene dal latino Feria “giorno di festa”. Evidentemente la storia della parola richiama il concetto dell’incontro organizzato non solo per concludere affari, anche per staccarsi e alleggerirsi dal carico della vita quotidiana.

Il mercante, secondo lo studioso medievalista belga Henri Pirenne, fin dal Medioevo è identificabile in quella tipologia di gente intraprendente, coraggiosa e ricca di cultura che si sposta per prosperare e che contribuisce all’economia dei popoli di appartenenza.

La fiera, dal punto di vista antropologico, è ancora lo strumento potente per attivare le relazioni solide e magari fondate sull’antico concetto della fiducia, e dal punto di vista più pratico, è il modo per raccontare e vendere attivando ogni “senso”, ciò che solo la proposta del prodotto dal vivo può fare.

Cultura, coraggio e innovazione. Queste le caratteristiche degli imprenditori di ogni parte del mondo, e quindi degli italiani che si spostano di fiera in fiera per dare valore al Made in Italy e per promuovere le eccellenze nazionali nel mondo.

Un excursus nelle fiere europee di questi anni

La mia analisi non si basa solo sulle fiere del cibo più importanti al mondo, la riflessione che propongo include soprattutto l’esperienza diretta fatta negli ultimi sei mesi in particolare nell’ambito di due interessanti, piccole fiere europee.

Tramite il Progetto Europeo I Love Fruit and Veg From Europe promosso dalla Organizzazione Produttori Terra Orti insieme ad altre importanti società cooperative italiane, il mio lavoro di comunicatrice e Food PR mi ha portato sia a Londra allo Speciality&Fine Food Fair, la fiera annuale del gourmet da circa 900 espositori e circa 15mila visitatori, sia a Umami Arena la fiera triennale di nicchia da 450 espositori e circa 25mila visitatori a Lillestrøm in Norvegia.

Fiere dove il valore della “nicchia” e dell’antico incontro del mercante con il suo potenziale acquirente è ancora più evidente sicuramente per le dimensioni dell’esposizione, il tutto nel concreto arricchito dalla presenza di culture provenienti da ogni parte del mondo.

A Londra, India e Sicilia, Grecia e Malesia, mescolavano odori, umori e sapori, in una unica, bellissima Hall, la Olympia Exhibition Center.

Lo stand per la promozione dell’ortofrutta europea del progetto sopra citato proponeva cooking session a base di frutta e ortaggi in connubi in bilico tra culture, sicuramente tendenti a raccontare le terre mediterranee con i colori vivi della tarda estate, visto che era settembre.

Alle porte di Oslo,  in febbraio si è appena tenuta invece UMAMI Arena. Colorata e fresca, la postazione del Progetto I Love Fruit and Veg From Europe è stata il tripudio del fusion e del saporito Made in Italy. Lo stand più attrattivo per il richiamo ancestrale della natura, evocativo di campi e frutteti con piante fresche e cesti di frutta e ortaggi.

Umami, il quinto gusto.

 “Umami”, ssecondo la definizione Treccani è la “particolare sensazione gustativa indotta dal glutammato monosodico impiegato dall’industria alimentare”, è il cosiddetto “quinto gusto” e certamente non richiama un concetto di nutrizione salutare. Erano presenti infatti decine di degustazioni della cucina cinese e giapponese che contengono sicuramente glutammato, con pregiate proposte di salse, fritti e rarità come la carne wagyu in ricercati intingoli.

Umami nella accezione più estesa è però “sapore gradevole al palato”.

Le gradevoli proposte certamente prevalevano in fiera, quelle scandinave erano di certo tra le più interessanti: tra balena, renna, cervo, salumi, formaggi e burrose salse ipercaloriche tipiche dei paesi freddi, spuntavano insalate di frutta, cavoli, esoticità varie.

Il quinto gusto interpretato da Antonio, lo chef napoletano dello stand I Love Fruit and Veg From Europe è stata una scelta da rifare. Crema di zucca con gamberetto fritto, pasta con broccoli e bacon, polpetta di patate, salmone carciofi e maionese al lime, salmoni e tartine valorizzati da olio extravergine di oliva e ortaggi mediterranei. Il quinto gusto inedito, dunque, quello che le nonne si inventavano aprendo la credenza e usando ciò che avevano.

L’ortofrutta in fiera

Un successo fuori dagli schemi per i “mercanti” italiani di ortofrutta a Febbraio 2023.

Specialmente sommato a quello della fiera mondiale del biologico Biofach in contemporanea a Norimberga con le sue importanti dimensioni di oltre 2500 espositori, e dopo la fiera più importante a livello mondiale del settore ortofrutticolo svolta a Berlino a inizio febbraio, il Fruit Logistica con i suoi circa 63mila acquirenti e gli stand rappresentanti 92 paesi del globo.

Se vogliamo tornare in Italia a raccontare di fiere, pure abbiamo tanto da descrivere, vale la pena fare un cenno da approfondire prossimamente, visto che le exhibition del cibo nazionali e di un certo peso, sono alle porte.

Le fiere italiane più importanti del settore enogastronomico generale, sono certamente il Tutto Food a Milano e il tradizionale e solido Cibus a Parma. L’ultima edizione di quest’ultimo a Maggio 2022 ha fatto registrare circa 3mila espositori e circa 60mila operatori professionali tra gli stand di cui 3mila top buyer esteri (Fonte Il sole24 ore economia). Un bellissimo turbine di sapori e colori per la maggior parte italian, provenienti da ogni angolo di terra della penisola e delle isole, a solleticare gli occhi e le papille.

Quest’anno l’edizione rdimensionata del Cibus denominata “Connect” avrà per la prima volta un intero padiglione dedicato all’ortofrutta.

Fiere online?

I tentativi di “fiere online” fatti tra il 2020 e il 2021, sono stati in pratica un fallimento. Le piattaforme digitali messe a disposizione delle imprese non hanno raccolto particolari adesioni in nessun settore merceologico, tantomeno nel settore alimentare. La cosiddetta “lead generation” è ancora troppo complessa per essere sviluppata in ambito fieristico dove il ridimensionamento dei costi resta per ora l’unico vantaggio della scelta digitale (fonte Zero Pixel)

Fiere vive e amate dunque – complice anche l’impreparazione tecnologica e culturale delle aziende – utili per generare il valore antico dell’incontro con il “mercante”, per attivare il desiderio di “avere” la “mercanzia” come  solo la relazione e il coinvolgimento emozionale possono fare, e che con tutta evidenza nessun incontro virtuale può sostituire.

Loredana Parisi – sociologa esperta di comunicazione

Fondatrice del progetto PiantaGrani

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